JASMINE LUNARDON

di Umberto Martuscelli per Fiseveneto.com

Poche le donne nel mondo degli attacchi ad alto livello internazionale? Sì, forse. Ma è solo questione di tempo. Quello necessario a Jasmine Lunardon – classe 1999 – per diventare… grande. E poi ne vedremo delle belle, perché se il buongiorno si vede dal mattino… Ne sanno qualcosa gli avversari della giovane driver veneta a Schildau (Germania), dove nel Campionato d’Europa terminato domenica 25 settembre Jasmine Lunardon ha mancato di un nulla il podio insieme al suo Raja.


Jasmine, come mai una ragazza guida una carrozza?
«Come mai… eh. Direi grazie a mio padre, soprattutto. Lui inizialmente montava ma poi a seguito di qualche problema fisico ha dovuto smettere, così per non abbandonare i cavalli si è dedicato alle carrozze. Io avevo circa 12 o 13 anni: ci ho provato e così è cominciato tutto. Mi è piaciuto molto. Ho cominciato a fare le prime garette ho vinto le mie prime poniadi, poi anche le seconde e le terze… ».


Però lei ha cominciato montando, no?
«Sì sì, io ho sempre montato. Ho cominciato a cinque anni, ho fatto anche i miei concorsini di salto, poi però ho avuto un incidente e mi sono fatta piuttosto male, così ho rallentato. Ma è stato proprio il momento in cui sono comparse le carrozze con mio padre, quindi si è incastrato tutto alla perfezione».


Dunque a lei è piaciuto all’inizio?
«Moltissimo. Davvero moltissimo. Poi l’impegno è divenuto sempre più serio e… eccoci qui».


Cosa le piace più di tutto nel guidare una carrozza?
«Direi la relazione che si crea con il cavallo, pur non montandolo ma avendolo solo in mano. Si tratta di stabilire una fiducia totale ed esclusiva, fortissima, e naturalmente reciproca. Quando scatta questo meccanismo si stabilisce un legame che è molto difficile descrivere a parole. E che è meraviglioso. Gratificante come poche altre cose».

 

Ma è anche faticoso?
«Oddio, sì. Non tanto da un punto di vista fisico, quanto piuttosto sotto il profilo della continuità del lavoro e dell’impegno. Almeno per come lo faccio io. Mi sono resa conto poi che la creazione del binomio, e quindi di quell’intesa di cui dicevo, è molto più difficile stando seduti sulla carrozza che non in sella».


Come si svolge il lavoro quotidiano?
«Il mio cavallo viene attaccato più o meno cinque giorni alla settimana. La domenica riposa e il giorno rimanente viene montato».


Quando viene attaccato che lavoro fa Raja?
«Lavoro in piano. Anche perché io a casa non ho ostacoli fissi per esercitarmi in vista della maratona, però comunque bisogna fare anche il lavoro di condizione: e lo facciamo circa cinque o sei giorni al mese. Al trotto e al galoppo».


I cavalli li avete in una scuderia vostra?
«Sì, che è anche una scuola di equitazione con le normali attività di una scuola di equitazione. È il Centro Ippico Il Girasole che si trova a Bassano del Grappa, e noi abitiamo a cinquanta metri dalla scuderia».


Il tecnico di riferimento per lei e per suo fratello è ovviamente vostro padre.
«Eh certo. Sì. Io e Ray però non lavoriamo sempre insieme perché lui ha una cavalla un po’ difficile e quindi preferisce lavorare da solo. Però collaboriamo molto».


Come è il rapporto tra lei e suo fratello Ray?
«Allora. Dal punto di vista dello sport come ho detto collaboriamo molto e ci stiamo molto vicini. Per quanto riguarda il rapporto come fratelli… beh, come tutti i fratelli di questo mondo alterniamo litigi a momenti di calma… ».


Anche sua mamma è una donna di cavalli, vero?
«Sì, lei e mio papà si sono conosciuti proprio in maneggio. Fino a prima di rimanere incinta di me lei montava a cavallo regolarmente, poi ha dovuto un po’ trascurare la cosa. Però fa praticamente la segretaria del nostro circolo quindi è completamente dentro questo mondo».


Le sue prospettive sono quelle di proseguire la carriera agonistica in questa specialità, no?
«Sì, certo».


In effetti non è molto frequente vedere donne nel mondo degli attacchi…
«Mah, non lo so, oserei dire che in questo Campionato d’Europa a Schildau ho forse visto più ragazze che ragazzi, però nel mondo dei grandi sì, è vero, le donne sono molto poche».


Però il loro numero è in crescita, giusto?
«Direi di sì. In grande crescita tra i giovani».


Ma lei si immagina alla guida di un tiro a quattro per esempio?
«Oddio no! Mi hanno fatto tante volte questa domanda e… no, direi di no. Io sinceramente resterei sul singolo. Anche la pariglia non mi entusiasma così tanto. Oltretutto penso che il singolo sia molto più difficile perché quando sei in gara i giudici si concentrano su quello e su quello soltanto; con la pariglia e con il tiro a quattro forse è possibile essere un po’ meno precisi, diciamo. Anche mio padre e mio fratello sono sul singolo».


Il Campionato d’Europa di Schildau come è andato? Quali sensazioni ha vissuto durante quei giorni?
«È stata la mia gara più bella di sempre. Sia per quanto riguarda il cammino di avvicinamento, quindi tutta la preparazione e le gare che ho fatto, sia per la gara vera e propria. Diciamo che sono riuscita a raccogliere tutti i frutti nati dai semi che ho seminato. Sono davvero orgogliosa di questa mia gara».


A quante gare partecipa mediamente nell’arco della stagione agonistica?
«Beh, diciamo che si parla degli ultimi tre anni, perché prima non è che facessi cose molto impegnative. Due anni fa ho fatto il mio primo Campionato d’Europa, che è stata la prima grande esperienza agonistica e da quell’anno avrò fatto circa sette, otto gare, ma non di grande livello diciamo. Dall’anno scorso invece ho fatto le qualifiche per poi partecipare al Campionato del Mondo. Quest’anno invece ho fatto poche gare perché per un periodo ho avuto il cavallo infortunato e inoltre io ho avuto qualche problema a scuola quindi ho dovuto gestire bene la situazione. Diciamo che mediamente si fanno due o tre gare internazionali per prendere le qualifiche e un po’ di gare per perfezionare il cavallo, vedere come si comporta fuori, aggiustare qualcosina».


Il suo sogno quale è Jasmine?
«Oddio… Con Raja fino alla settimana scorsa era quello di arrivare a una medaglia nel Campionato d’Europa, anche perché lui se la meritava tutta. Invece abbiamo vinto la… medaglia di legno, e dunque io continuo a pensare che lui si meriti di stare sul podio! Adesso vediamo come va l’anno prossimo e speriamo poi di riuscire ad arrivare al nostro traguardo».


Quindi nonostante quella di Schildau sia stata la sua gara più bella c’è anche un po’ di delusione…
«La delusione c’è stata perché la medaglia l’ho mancata di due soli punti, e sono stati punti che avrei potuto benissimo evitare di perdere, però sono lo stesso super contenta. Arrivare al quarto posto contro avversari così forti, così bravi e così agguerriti è stata ugualmente una soddisfazione immensa».

 

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