ALBERTO TOMMASI DI VIGNANO, UN UOMO DI AVANGUARDIA

di Umberto Martuscelli per Fiseveneto.com

2020.05.18 – «Io monto con il conte». Bastava questa frase per far considerare chi la pronunciava come una persona speciale. Non perché fosse speciale lei, la persona: speciale era il conte. Lui, cioè: il conte Alberto Tommasi di Vignano. Un uomo che irradiava un carisma e incuteva una soggezione davvero particolari. Non occorreva pronunciare nome e cognome per intendere di chi si stava parlando: era sufficiente dire il conte, ed era tutto chiaro.

Alberto Tommasi di Vignano (nato nel 1918 a Milano e scomparso nel 1989) è stato uno dei più importanti insegnanti di equitazione tra quelli che hanno operato in Veneto. Un uomo di avanguardia: «Era avanti di cinquant’anni rispetto a tutti, sia per mentalità sia per competenza», dice Stefano Carli, probabilmente la più importante ‘creazione’ in termini di cavaliere e di uomo di cavalli di Alberto Tommasi. Lo è stato – avanti – anche per aver disegnato la figura di professionista molto in anticipo sui tempi: in un’epoca in cui le persone montavano a cavallo facendo capo a una scuola di equitazione e trovandovi il relativo istruttore, lui si è proposto invece come figura di riferimento predominante rispetto al luogo… In poche parole: le persone montavano nel posto X non perché fosse bello, comodo, vicino a casa, ma perché lì c’era il conte Tommasi; e se il conte Tommasi si fosse spostato, si sarebbero spostate anche loro per seguire lui… Una specie di fiducia mistica in un uomo che sorrideva pochissimo, praticamente mai, che spesso era scorbutico e iroso, che incuteva soggezione anche solo per i suoi trascorsi sia di uomo di cavalli sia di professionista – oltre che di ex militare – nella vita.

Baldo Bacca è l’uomo che per primo pianta il seme della conoscenza nel giovane Alberto Tommasi. Bacca nel 1937 ha pubblicato “L’Arte dell’Equitare”, un libro fondamentale anche perché contiene alcuni scritti di Federico Caprilli del quale – come si sa – non esiste un’opera autografa ma solo lavori di altri che ne riproducono il pensiero o che ne riportano appunti e porzioni di testi che avrebbero dovuto dare origine a un manuale completo (l’altro libro fondamentale è quello di Carlo Giubbilei pubblicato nel 1909 dal titolo “Caprilli – Vita e scritti”). Ha detto lo stesso Alberto Tommasi: «Mi ritengo fortunato ad aver lavorato con lui perché oltre a essere stato un grandissimo cavaliere e addestratore, Bacca è stato anche tra i pochissimi a capire realmente quali fossero i problemi dell’equitazione dopo Caprilli». Anche se proprio durante gli anni in cui Tommasi (tra i suoi 14 e 16, dunque tra il 1932 e il 1934) è suo allievo Bacca in un intervento sulle pagine della rivista della Fise “Il Cavallo Italiano” nel 1934 scriverà: «Sono fermamente convinto che in equitazione non ci sia più nulla da inventare, specie poi se si considera che nel nostro sistema, essendo basato su principi naturali, nulla potrebbe essere cambiato, senza ricadere negli artifizii della vecchia scuola».

In realtà Alberto Tommasi il primo contatto con i cavalli l’aveva vissuto a Verona ragazzino dodicenne: il padre vi comandava la Legione dei Carabinieri e il piccolo Alberto proprio lì era stato messo in sella la prima volta – di nascosto dal genitore… – per mano dell’attendente incaricato di passeggiare i cavalli. Poi il primo vero istruttore sarà il maresciallo Manferari, quindi – dopo il periodo trascorso sotto gli insegnamenti di Baldo Bacca – Alberto Tommasi nel 1938 frequenta il corso per allievi ufficiali alla Scuola Militare di Pinerolo al termine del quale viene destinato al reggimento Savoia Cavalleria a Milano, per poi fare ritorno dopo sei mesi a   Pinerolo ed essere assegnato allo squadrone di addestramento comandato da Antonio Gutierrez (l’uomo che nel 1938 stabilì il record mondiale di elevazione in sella a Osoppo saltando 2 metri e 44, e che dopo la guerra sarà a lungo il capo équipe della squadra azzurra di salto ostacoli). Poco dopo proprio Tommasi sostituisce Gutierrez al comando di quello squadrone; è un ruolo importante perché da lì passano tutti i puledri per effettuare l’ammansimento e il primo lavoro in piano: si tratta di centinaia di cavalli… Durante questo periodo Alberto Tommasi sviluppa importanti esperienze e altrettanto importanti rapporti con uomini di cavalli del calibro di Francesco Amalfi, Gerardo Conforti, Mario Lombardo di Cumia. Ma il periodo si interrompe quando Tommasi stesso chiede di poter raggiungere il suo reggimento impegnato in guerra sul fronte russo: la richiesta viene accettata e così Tommasi si unisce ai suoi compagni di Savoia Cavalleria nella tremenda esperienza in Russia.

Rientrato in Italia fortunatamente incolume, dopo la fine della guerra Tommasi si congeda dall’esercito e – stabilitosi a Brescia – comincia a lavorare in Fiat. Non c’era dunque in quel momento da parte sua l’intenzione di dedicarsi all’insegnamento dell’equitazione: piuttosto quella di continuare a montare e a gareggiare in concorso con cavalli di sua proprietà, generalmente purosangue scartati dalle corse o comunque soggetti complicati che con altri cavalieri non avevano trovato la giusta valorizzazione. Il ruolo di… insegnante Tommasi lo inaugura quando alla fine degli anni Cinquanta si trasferisce a Mestre, alloggiando alcuni suoi cavalli presso la Scuola Padovana di Equitazione di Padova. È lì che nota due ragazzi di particolare talento ai quali decide di far montare i suoi cavalli, seguendoli personalmente e quindi dando inizio di fatto (pur se non ancora in modo formale, diciamo) alla sua carriera di istruttore. I due ragazzi sono Mario Bellini e Stefano Carli: entrambi sotto la guida di Tommasi diventeranno cavalieri di qualità sopraffina. Stefano Carli, poi, animato da una prorompente carica agonistica oltre che da capacità tecniche invidiabili diventerà in assoluto uno dei più forti cavalieri italiani nel trentennio composto dagli anni Sessanta, Settanta e Ottanta. Ha detto di lui Tommasi: «Il guaio di Stefano era quello di non conoscere altro che la vittoria: pur di vincere avrebbe fatto qualunque sacrificio, avrebbe dato qualsiasi cosa; più di una volta prima della gara gli ho dovuto ordinare di ritirarsi al penultimo ostacolo del percorso, perché io volevo che lui montasse in un certo modo, non condizionato dal possibile risultato in classifica».

Dopo un breve distacco di qualche anno sia dai cavalli sia dallo sport, Tommasi riprende là dove aveva lasciato: sempre a Padova ma non più alla Spe bensì in quel Centro Ippico Euganeo di Abano Terme nato tra la fine del 1959 e l’inizio del 1960 grazie ad Alberto Gulinelli (il quale, curiosamente, era proprio l’istruttore che alla Spe aveva preceduto l’arrivo di Tommasi) ma in quel momento – siamo nel 1968 – affittato all’allevatore Attilio Tavazzani che lì vi trasferiva i puledri (i famosi cavalli del Lasco) per effettuare la doma e il primo lavoro sotto la sella, cosa della quale si occuperà proprio Alberto Tommasi. Ad Abano Tommasi diventa a tutti gli effetti un maestro di riferimento: molti giovani cavalieri provengono perfino da lontano pur di poter montare seguiti dall’uomo che ormai per tutti è divenuto ‘il conte’. C’è anche un ragazzino però che di strada non ne deve fare molta, dato che casa sua è di fatto confinante con la scuderia: è il giovane Antonio Piovan, il quale compie i primi passi della sua magnifica futura carriera di cavaliere seguito proprio da Alberto Tommasi.

Tuttavia il periodo più importante del Tommasi istruttore inizia poco dopo, quando nasce a Mogliano Veneto nel 1972 il meraviglioso Centro Equestre Veneto su iniziativa dei fratelli Alessandro e Ruggero Argenton, un impianto architettonicamente e funzionalmente del tutto futuristico per quel tempo: Alberto Tommasi vi si trasferisce prendendo in affitto un certo numero di box da mettere a disposizione dei cavalli dei suoi allievi. Il neonato Centro Equestre Veneto diventa in breve una specie di prestigiosa… università dello sport equestre della quale incomparabili docenti sono il fuoriclasse olimpico Alessandro Argenton e per l’appunto il conte Alberto Tommasi di Vignano, uomini che grazie alla personalissima specializzazione rispettivamente in completo e in salto ostacoli possono offrire a cavalli e cavalieri un bagaglio di conoscenze e di competenza davvero straordinario. Infatti il decennio 1972-1982 è probabilmente quello del massimo splendore del Cev: per essere seguiti da Alberto Tommasi (tra i suoi allievi spicca Alessandro Rossi, cavaliere che rappresenterà l’Italia ai massimi livelli internazionali) arrivano a Mogliano amazzoni e cavalieri provenienti da tutte le zone del Veneto, ma anche da Lombardia e Friuli. È durante questo periodo che la fama di istruttore di Alberto Tommasi dilaga grazie alla serie di risultati dei suoi allievi a livello sia nazionale sia internazionale. Non sono solo i risultati però, c’è anche altro… c’è uno stile, un atteggiamento, un modo di porsi e di proporsi da parte dei suoi allievi che contraddistinguono inequivocabilmente la loro provenienza, la loro matrice: cioè Alberto Tommasi, il conte.

I dieci anni di vita e di attività di Alberto Tommasi al Cev terminano con l’ennesimo spostamento. Il conte non si allontana di molto, tuttavia, solo poche centinaia di metri: nel 1982 prende in affitto un’adiacenza di una antica villa veneta e vi crea un centro ippico ex novo, il Gruppo Ippico Serenissima. Una struttura spartana: non c’è maneggio coperto, non c’è club house, solo le scuderie – modeste – e un campo ostacoli. Sembra quasi una realtà ascetica fatta apposta per concentrare l’attenzione solo ed esclusivamente sul montare a cavallo. E sugli insegnamenti magistrali del conte Alberto Tommasi di Vignano… Infatti in breve la scuderia si riempie, ma non solo: nel giro di pochi anni il Gis diventa il centro ippico veneto capace di produrre probabilmente la maggior quantità di risultati agonistici tra tutti quelli della regione. Una vera eccellenza.

Il conte Alberto Tommasi di Vignano ci ha lasciato nel 1989. Era un uomo duro, severo, di rado sorridente, maestro di un’equitazione rigorosa e scientifica; rispettava i cavalieri e i cavalli, ma non diveniva mai loro amico: non mi piacciono i cavalli e le persone che si sottomettono subito – diceva – vuol dire che non hanno personalità. Alberto Tommasi sembrava attratto dalla difficoltà dell’impresa: poi il successo – immancabile – lo viveva non come gratificazione emotiva, bensì come conferma dell’esattezza dei suoi principi.

foto: Alberto Tommasi fotografato nel 1988 (ph. UM) a sinistra; a Pinerolo su Vallombrosa nel 1941 (in alto a destra) e in concorso a Merano su Falke nel 1953 (entrambe foto provenienti dall’archivio personale di Alberto Tommasi)

 

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