MARCELLO CARRARO E IL BELLO DELLO SPORT

di Umberto Martuscelli per Fiseveneto.com

2019.04.24 – Marcello Carraro sul podio del Campionato d’Italia Ambassadors: medaglia d’argento… ! Un bel risultato certamente, conquistato il 14 aprile scorso a San Giovanni in Marignano, un risultato gratificante: ma non certo una sensazione inedita quella provata dall’imprenditore padovano (58 anni), che nel ruolo di cavaliere ha vissuto momenti esaltanti indossando la giacca tricolore in Coppa delle Nazioni (quelle… grandi!) e partecipando a Gran Premi del massimo livello internazionale.
«È stato molto bello e divertente, c’era l’atmosfera giusta, quella che ci deve essere tra persone di una certa età diciamo… Poi è stato un campionato molto combattuto anche perché i veterani, che adesso si chiamano Ambassadors, cominciano a essere un buon numero. Se non ricordo male nell’anno della mia prima partecipazione siamo partiti in dodici, questa volta invece in trentadue».

Chi ha vissuto le gare del circuito Ambassadors parla di uno spirito particolare che le anima: è davvero così?
«Sì, è vero, anche se io a suo tempo, cioè anni fa, ho contestato molto quello che secondo me era un eccesso di competitività… sembrava di essere ai campionati juniores! Quest’anno invece è stato tutto molto bello, con lo spirito giusto».

E qual è lo spirito giusto secondo lei?
«Il senso della competizione ci deve essere sicuramente, perché alla fin fine sempre di sport si tratta, ma quello che avvertivo io a suo tempo era una cosa abbastanza spiacevole per persone che hanno magari 60 anni… La competizione è giusto che ci sia, e ci deve sempre essere altrimenti non faremmo questo, però entro certi limiti… Ecco: l’importante è non superare quel limite».

La crescita numerica che lei stesso ha potuto apprezzare significa che il comparto funziona.
«Sì, infatti, e sarebbe un peccato non valorizzare questa crescita per qualche difetto di organizzazione, perché in effetti si stanno avvicinando anche quelle persone che magari un tempo guardavano a questa realtà non dico con disprezzo, ma di certo con un po’ di sufficienza».

Lei ha fatto Coppe delle Nazioni e Gran Premi di alto livello internazionale: che effetto le fa adesso competere nel settore Ambassadors?
«Quando ho fatto le Coppe delle Nazioni con gli Ambassadors io le ho affrontate con lo stesso spirito con cui ho affrontato le altre, quelle più difficili diciamo, quelle grosse. In entrambe le situazioni io mi sono sentito rappresentante dell’Italia, con la stessa emozione e lo stesso senso di responsabilità. Ed è questo il bello, la cosa importante del circuito Ambassadors: dare a delle persone che non affrontano più, o non possono più affrontare, o addirittura non hanno mai affrontato impegni di quel tipo, la possibilità di vivere le stesse sensazioni ed emozioni che si provano nei grandi concorsi internazionali. Perché c’è comunque la Coppa delle Nazioni, c’è comunque il Gran Premio, c’è tutto il momento di preparazione e di avvicinamento… È una cosa bellissima: è in piccolo quello che succede nei grandi Csio. Certo, personalmente mi verrebbe anche la voglia di saltare cose un po’ più grosse… ».

Invece deve… trattenersi?
«Se devo trovare un difetto dell’intera organizzazione del mondo Ambassadors è proprio quello che non si possono saltare gare più grosse delle 135, altrimenti si perde la qualifica. Ma io vedo che all’estero molti cavalieri saltano il Gran Premio del concorso internazionale e poi fanno anche le gare Ambassadors senza problemi: o perché hanno regolamenti diversi o forse perché nessuno sta lì a controllare davvero… Secondo me se ci fosse la possibilità di fare qualche gara più grossa senza perdere la qualifica di Ambassadors sarebbe meglio».

Però lei si diverte lo stesso, no?
«Sì, e molto anche. In questa fase della mia vita in cui voglio continuare a fare le gare, anche se non più ai livelli di un tempo, il circuito Ambassadors mi permette di avere una mia collocazione, una mia identificazione. È bello e importante che tutte le persone come me abbiano questa possibilità, invece di disperdersi tra le molteplici figure e tipologie che ci sono nelle gare da 1.30. E poi c’è un altro aspetto della questione, molto importante… ».

Dica…
«Tutti noi siamo persone che amano i cavalli e l’equitazione, per cui potenzialmente un domani continueremo a essere presenti nello sport magari come sponsor o in mille altri modi possibili… Ma perché ciò accada è importantissimo avere adesso il giusto coinvolgimento perché… insomma, io invidio molto Roberto Arioldi e Filippo Moyersoen perché, al di là della loro bravura che li fa essere inavvicinabili da chiunque tra noi, sembra che siano sempre uguali a come erano quarant’anni fa: ma la loro condizione fisica e la loro tenuta non sono cose da tutti… ripeto, al di là dell’aspetto tecnico, parlo proprio di un fatto fisico. Quindi è importante, importantissimo che persone come noi abbiano in questo momento della loro carriera sportiva una situazione di massimo coinvolgimento, perché tanta più soddisfazione queste persone avranno ora quanto più alte saranno le probabilità di poter contare su di loro in futuro come sponsor o sostenitori o altro. Le motivazioni e il coinvolgimento sono sempre e comunque ingredienti indispensabili nello sport: a qualsiasi livello».

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